#dietrolequinte: lo stage al Museo Diocesano raccontato da una studentessa

Mi chiamo Anna Mancino e sono una studentessa del Liceo Scientifico di Vicenza G.B. Quadri.

Quest’anno, per l’attività di PCTO ho dovuto scegliere una realtà lavorativa in cui cimentarmi per due settimane e dopo svariate ricerche la mia decisione si è orientata verso il Museo Diocesano.

Mi piaceva immaginare che il lavoro di una guida al museo fosse proprio come nei film: studi appassionati, ricerche professionali, gloria e rispetto da parte dei visitatori e poi ovviamente, nelle ore di chiusura, cacce al tesoro, misteri e scene ricche di suspense. Beh, la mia esperienza è stata molto meglio, perché sono successe esattamente le cose che mi ero immaginata, ma nella vita reale.

Lo stage mi ha permesso di sperimentare tantissime esperienze diverse, che sono lieta e fiera di raccontare.

Come prima cosa ho scoperto un nuovo modo di studiare: ho passato i primi giorni a fare ricerche e a conoscere le opere, arrivando poi a strutturare una mia conoscenza basata su tante informazioni che ho dovuto trovare da me e che non erano già scritte su un unico libro di testo. Ho scoperto così lo studio-caccia al tesoro, che ho trovato molto più divertente e stimolante dello studio normale, ma la vera soddisfazione arrivava nel momento in cui capivo che grazie a quello studio potevo far brillare di curiosità gli occhi dei visitatori.

Un’altra esperienza bellissima è infatti stata la mediazione culturale; ho avuto l’opportunità di fare da guida a persone con età, personalità, cultura ed esigenze completamente diverse. La mediazione mi ha insegnato a rapportarmi con ogni tipo di persona e, nonostante la modalità di comunicazione dovesse essere sempre diversa, il metodo era sempre lo stesso: trasmettere qualcosa che mi appassionava. Penso che questa parte dell’esperienza sia stata la mia preferita, ho dovuto giocare con bambini che mi guardavano sorridenti, chiacchierare con anziane coppie che mi ascoltavano con dolcezza, fare amicizia con simpatiche famiglie piene di curiosità. Alla fine la soddisfazione più grande era ascoltare anche i loro pareri e le loro interpretazioni del museo per poi sentirmi dire che non sarebbe stato lo stesso se lo avessero visitato da soli.

A questo punto si potrebbe pensare che, in confronto alla mediazione, il resto del lavoro potrebbe risultare noioso, ma posso garantire che non è così: ho aiutato a sistemare il materiale didattico, ho imparato tutto sulla biglietteria, capito come catalogare le opere, approfondito il restauro, sistemato documenti… insomma tutto il lavoro “da ufficio” che non era però una monotona gestione di scartoffie, ma un prendersi cura di questo grande ambiente dove ho passato la maggior parte delle mie giornate. Anche solo aprire le finestre la mattina, sistemare luci e schermi per le visite, preparare materiale per le attività programmate mi è piaciuto, mi sembrava sempre di dover accudire qualcuno a cui iniziavo veramente ad affezionarmi.

Infine, l’aspetto più curioso del museo è stato conoscere tutte quelle piccole cose che succedono dietro le quinte: chiacchierare con gli altri tirocinanti, esercitarsi insieme per le spiegazioni, ascoltare gli operatori del museo, ricevere antiche collezioni di tribù africane per poi osservarle tutti insieme come se fossimo archeologi e tutte quelle avventure tali e quali alle vicende di un film.

Voglio quindi concludere la mia recensione con dei ringraziamenti: al direttore don Francesco, alla mia tutor Manuela, agli operatori Paola, Federico e Martina, ai professori, ai miei colleghi tirocinanti e ai pazienti visitatori che mi hanno regalato questa bellissima esperienza.

Un grazie speciale va però al Museo stesso con i suoi suggestivi ambienti, il suo misterioso silenzio e le sue grandi e ormai note sale che mi hanno fatto rivivere tutti i miei film preferiti.